L’obbligo dell’adozione di assetti adeguati nel codice della crisi d’impresa e d’insolvenza e la nuova reponsabilità degli amministratori di società

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha previsto che gli amministratori di società, come l’imprenditore individuale, dovranno adottare modelli organizzativi e strumenti non solo che consentano di far emergere lo stato di crisi tempestivamente, ma anche in grado di favorire l’adozione di pronte iniziative per porvi rimedio.

Art. 375 Codice della crisi d’impresa

In particolare l’art. 375 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, rubricato “Assetti organizzativi dell’impresa”, è intervenuto direttamente sul codice civile, aggiungendo un comma all’art. 2086 c.c. di immediata attuazione «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonchè di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale».
La novella ribadisce questi doveri sul piano degli assetti organizzativi e della loro adeguatezza a far emergere la crisi e il venir meno della continuità aziendale per le imprese che operino in forma societaria o collettiva (il disposto è richiamato per le società per azioni e a responsabilità limitata dai nuovi artt. 2380 bis, 2409 novies e 2475 c.c.). Occorre evidenziare la circostanza che l’ordinamento già contiene una previsione simile a quella che ci occupa. È noto, infatti, che già l’art. 2381 c.c., nel testo scaturito dalla riforma del diritto societario, stabilisce – nei commi 3° e 5° – un obbligo per gli amministratori di dotare la s.p.a. di un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile”, curandone e valutandone (a seconda che si faccia riferimento all’amministratore delegato o al consiglio) l'”adeguatezza” “alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
Com’è stato posto in luce da attenta dottrina (Abriani-Rossi, Ambrosini), l’aspetto sistematicamente più rilevante dell’art. 2086 c.c. è rappresentato dalla sua nuova rubrica, “Gestione dell’impresa”, che, nel coordinamento con la rubrica della disposizione che tale articolo ha riscritto(“Assetti organizzativi dell’impresa”) e insieme alle definizioni codicistiche generali di impresa e di azienda, vale a individuare nella predisposizione di assetti adeguati il cuore della funzione gestoria, la cui paternità (e responsabilità) va riferita a chi di tale funzione sia investito.
Si tratta in effetti, com’è stato ben detto, “di una vera e propria clausola generale che impone un dovere di corretta gestione, per così dire ‘trasversale’, rispetto ai modelli di organizzazione collettiva dell’attività e che riveste quindi un valore di novità sistematica di centrale rilevanza”.
La “consacrazione”, ad opera del novellato art. 2086 c.c., dei principi di cui si è detto riflette d’altronde una fondamentale caratteristica dell’impresa, vale a dire il suo essere un’attività organizzata, il cui livello di complessità va dal minimo dell’impresa individuale al massimo del grande gruppo, spesso con articolazioni multinazionali e con la presenza al proprio interno di società quotate.

Definizione assetto amministrativo e contabile

La definizione di cosa debba intendersi per assetto organizzativo, amministrativo e contabile e come ne vada valutata l’adeguatezza risulta dunque indispensabile al fine di scrutinare la correttezza dell’agire imprenditoriale.
Il nuovo 2086 c.c. – come già segnalato – chiarisce che gli assetti di cui si tratta devono risultare adeguati “alla natura e alle dimensioni dell’impresa”, vale a dire alle caratteristiche dell’attività concretamente svolta, anche, appunto, dal punto di vista dimensionale (volume d’affari, numero di dipendenti, ecc.).
La “codificazione” della regola degli assetti adeguati e la sua portata di carattere generale recano con sé implicazioni di ordine pratico, che peraltro da tempo corrispondono alla concreta adozione dei principi di corretta gestione, specialmente in caso di difficoltà economica dell’impresa.
L’aspetto più rilevante, come da tempo la dottrina aziendalistica insegna, risiede nella predisposizione dei piani economici, patrimoniali e finanziari. Ed è l’ultima di queste componenti a rivestire, probabilmente, la maggiore utilità, specie nell’ottica della prevenzione della crisi e della sua tempestiva emersione.
Dall’insieme delle nuove disposizioni in precedenza citate si evincono chiaramente il nesso fra adeguatezza degli assetti dell’impresa e tempestiva adozione e attuazione delle misure atte al superamento della sua crisi e l’importanza che correttamente la riforma annette a tale collegamento, funzionalizzando espressamente l’idoneità degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili (anche) alla rilevazione della crisi a tempo debito: il che costituisce senza dubbio una delle innovazioni di maggiore portata sistematica dell’intera legge.
Nella sostanza, anche sul piano normativo si prende atto e si attesta che il momento della crisi e della possibile perdita di continuità aziendale costituisce una fase fisiologicamente endemica alla vita dell’impresa e che, dunque, un assetto organizzativo, per potersi dire compiutamente adeguato, debba essere in grado di continuativamente monitorare l’insorgere di indicatori della crisi e di tempestivamente reagire al fine della loro immediata gestione e soluzione. D’altro canto, l’organo amministrativo, cui spetta il dovere di istituire siffatti assetti organizzativi, ha anche l’obbligo di continuativamente verificarne e misurarne l’adeguatezza nel corso della normale vita dell’impresa, assumendo altresì (in caso di esito non completamente positivo) le conseguenti idonee iniziative (così implicitamente impone il nuovo art. 14, co.1).
Appare evidente che laddove l’organo gestorio non adotti assetti adeguati per la gestione dell’impresa, potrà risponderne in sede di azione di responsabilità nei confronti della società, dei soci e dei terzi creditori, ed in caso di insolvenza nei confronti del curatore fallimentare.

Avv. Davide Cesiano