Il whistleblowing: le novità recentemente introdotte dal d.lgs. 10 marzo 2023 n.24

Con il termine whistleblowing s’intende la rivelazione spontanea da parte di un individuo, detto “segnalante” (in inglese “whistleblower”) di un illecito o di un’irregolarità commessa all’interno dell’ente, del quale lo stesso sia stato testimone nell’esercizio delle proprie funzioni. Nello specifico, la fattispecie comprende sia delle misure di protezione volte a incoraggiare i lavoratori che siano venuti a conoscenza di irregolarità o reati, commessi o premeditati, presso la propria organizzazione a riferire tali episodi alla magistratura, all’ANAC o in generale agli enti predisposti, sia la possibilità di punire tali infrazioni mediante sanzioni amministrative, pecuniarie o penali. 

L’illecito segnalato dal lavoratore deve avere ad oggetto un interesse di carattere generale. In altri termini, si può parlare di whistleblowing qualora le circostanze oggetto della segnalazione interessano la collettività e non esclusivamente i singoli interessi del lavoratore.
La normativa recentemente introdotta e di seguito esaminata, così come la previgente legge 179/2017, ha lo scopo di tutelare gli interessi del lavoratore che decide di sporgere la segnalazione il quale, infatti, non potrà essere licenziato, demansionato o trasferito.
Recentemente è stato approvato il decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24, che recepisce la direttiva europea whistleblowing, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 marzo.

In particolare, si prevede che gli enti interessati, pubblici e privati (che abbiano impiegato nell’ultimo anno una media di 50 almeno lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato e determinato) adottino propri sistemi di segnalazione, che garantiscano, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona, comunque, menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

Al contempo, la competenza di Anac si è notevolmente estesa in quanto la medesima sarà competente a ricevere le segnalazioni esterne di whistleblowing non solo dal pubblico ma anche dal privato. La segnalazione esterna ad Anac è rimessa alla discrezionalità del segnalante il quale potrà procedere in tale senso quando:
a) non è prevista nell’ambito del suo contesto lavorativo l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero, questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato non è conforme;
b) la segnalazione interna non ha avuto riscontro;
c) la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
d) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Un’importante novità consiste nella possibilità di divulgazioni pubbliche. A tal riguardo godono delle stesse misure di tutela antidiscriminatoria le persone che effettuano segnalazioni pubbliche solo se ricorrono queste condizioni (art. 15):
a) la persona ha precedentemente effettuato segnalazione interna o esterna, o entrambe, rimasta priva di riscontro;
b) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione che sta per segnalare possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
c) la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che una segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto, (es. rischio di insabbiamento).
Quindi anche in tale ipotesi, così come nel caso delle segnalazioni esterne, è rimessa ad una valutazione discrezionale del segnalante la possibilità dei procedere alla divulgazione pubblica.

L’art. 21 del decreto in oggetto individua poi l’ANAC come unico soggetto competente a valutare gli elementi acquisiti e ad applicare le sanzioni sia ai soggetti pubblici che ai soggetti privati. Viene, infatti, previsto che ANAC applica al responsabile la sanzioni amministrative pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza previsto dall’articolo 12 dello stesso decreto. Potranno, inoltre, essere applicate sanzioni da 10.000 a 50.000 euro nel caso in cui Anac accerti che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni, e inoltre sono previste sanzioni da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.

In particolare, l’ANAC accertata la natura ritorsiva degli atti o delle omissioni da parte del soggetto pubblico o privato, applica, come abbiamo visto, le sanzioni amministrative pecuniarie ai soggetti pubblici o privati, tenendo conto della dimensione dell’amministrazione o dell’ente cui si riferisce la segnalazione. Gli enti pubblici e privati non devono, pertanto, sottovalutare gli impatti organizzativi del decreto.

Le disposizioni di cui al nuovo decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023 e si applicherà a tutti i datori di lavoro pubblico e privato a prescindere dall’adozione del modello organizzativo 231. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecento quarantanove, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto avrà effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.

Avv. Marco Masieri