Overruling della Cassazione in merito al riconoscimento giudiziale della qualifica superiore nelle società partecipate c.d. “in house”

Secondo l’art. 18, D.L. 25 giugno 2008 n.112 (convertito con L. n.133/2008) “…le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 ”(…)
I criteri per la selezione del personale delle società partecipate, devono pertanto derivare da quelli dettati nell’art. 35 del T.U. del pubblico impiego; è altresì preclusa la progressione verticale del personale già assunto e, ai sensi dell’art. 19, comma 4, D.Lgs. 175/2016, i contratti di lavoro stipulati in assenza di procedure di reclutamento “paraconcorsuali” di cui al comma 2, sono nulli.
In coerenza, secondo l’orientamento prevalente, “in tema di società a totale partecipazione pubblica, il reclutamento del personale ex art. 18, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008 ….- ove è previsto che le società in questione adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del 6 personale, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità -, deve avvenire mediante procedure selettive che rispettino la regola del concorso pubblico” (Cass. 19925/2019).
Pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi prima della sentenza Cass. n. 35421 del 15.07.2022, le procedure dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad un’area funzionale superiore qualitativamente diversa, sono assimilabili a vere e proprie assunzioni (principio affermato dalla Corte dei Conti, Sez. appello per la Regione Sicilia nella sentenza n.69/A depositata l’1giugno 2017, richiamata Sentenza Corte dei Conti, Sez. Appello per la Regione Sicilia n. 188/A depositata il 19 luglio 2018, che si produce sub all.2); al riguardo, la Corte costituzionale con la sent. n. 2018 del 29/5/2002 ha avuto modo di chiarire che “nell’accesso a funzioni più elevate, ossia nel passaggio ad una fascia funzionale superiore (…),deve essere ravvisata una forma di reclutamento”.
Stravolgendo detto orientamento, la Suprema Corte, con la sentenza n. 35421 del 15.07.2022, ha affermato il seguente principio di diritto: “Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal d.lgs. n. 165 del 2001, bensì dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro alle dipendenze di privati, che trovano applicazione in assenza di una disciplina speciale derogatoria. L’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008 e la legislazione della Regione Sicilia, che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della Regione di procedere all’assunzione di nuovo personale ed impone il contenimento della spesa per il personale, non comportano una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art 2103 cod. civ.”.
La Cassazione, ha evidenziato che la partecipazione pubblica delle società c.d. in house non determina il mutamento della natura di soggetto privato delle società medesime, le quali restano assoggettate al regime giuridico privatistico; è tuttavia fatta salva la possibilità di una deroga a tale impostazione, in caso di specifiche disposizioni di segno contrario o di ragioni ostative che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica.
In particolare, secondo la Suprema Corte, in assenza di una norma speciale (prevista, in materia di inquadramento, solo per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni) e in ragione della diversità fra costituzione del rapporto di lavoro e gestione dello stesso, la disciplina delle mansioni superiori nelle società partecipate deve essere quella dettata dall’art. 2103 c.c. (applicabile al rapporto di lavoro di diritto privato).